ACUFENE

Viene definito acufene la sensazione illusoria di percepire un suono in assenza di un suono presente nel mondo esterno. Il 10% della popolazione mondiale ne è affetto. Il 60% dei pazienti con acufene avvertito da oltre 6 mesi non ha una malattia a carico dell’orecchio o del cervello; considerare l’acufene come un disturbo legato ad una malattia dell’orecchio è quindi improprio.

Il modello di Jastreboff e la terapia TRT

Non tutti i suoni presenti nel mondo esterno hanno la stessa importanza per gli esseri viventi; ad esempio il pianto del proprio figlio per una madre od il ruggito del leone per una gazzella rivestono un particolare significato ed è opportuno non mancare di ascoltarli. Si definiscono genericamente “segnali di pericolo”. Sono suoni che ci segnalano avvenimenti nel mondo esterno per cui “dobbiamo fare qualcosa” (andare a vedere perché il bambino piange nel caso della madre, scappare nel caso della gazzella).

Noi “sentiamo”, cioè percepiamo consciamente la presenza di un suono, quando questo arriva in aree della corteccia del nostro cervello, le cosiddette aree conscie. Nel momento in cui vi sono suoni “importanti”, i famosi “segnali di pericolo”, è necessario che il nostro cervello sia in grado di concentrarsi su di essi, per così dire preoccuparsi solo di questi.

Per questa ragione prima di arrivare al nostro cervello “conscio” i suoni arrivano in zone del nostro cervello in cui vengono valutati e filtrati, gli si attribuisce per così dire un voto che ne determina l’importanza.

Quando un suono importante arriva in queste zone, tutti gli altri suoni presenti nello stesso istante vengono “archivati” a questo livello non conscio, in modo che la nostra mente conscia si occupi solo dei primi.

Nel 1953 due ricercatori, Heller e Bergman hanno chiesto a 80 giovani con buon udito e senza acufene di restare per 5 minuti in una stanza insonorizzata, chiedendo loro al termine se avessero avvertito qualche suono durante l’esperimento; oltre il 90% di loro riferì di aver sentito rumori vari nella stanza (fruscii, sibili, fischi). Questo esperimento suggerì loro l’ipotesi che l’orecchio interno di tutti gli esseri viventi produca un suono come condizione di normalità.

Oggi siamo sicuri di questo, avendo a disposizione un esame, le otoemissiomi che costituisce la registrazione del suono prodotto dal nostro orecchio come condizione di normalità; viene utilizzato nella pratica di tutti i giorni come test per individuare i neonati con probabili deficit uditivi.

Al nostro cervello arrivano quindi suoni dal mondo esterno e suoni dal nostro orecchio; probabilmente quasi tutte le persone avvertono casualmente la presenza del suono prodotto dal nostro orecchio quando si trovino in ambienti particolarmente silenziosi o quando diminuisca la soglia uditiva ad esempio per un’otite o dopo esposizione a rumore (ad esempio all’uscita da una discoteca).

In alcune persone la percezione di questo suono può essere etichettata come una minaccia, un segnale d’allarme; essere cioè valutata dal nostro cervello non conscio come un suono importante e quindi inviato al nostro cervello conscio.

La terapia con arricchimento sonoro ha numerose evidenze scientifiche circa la sua efficacia; ha come obiettivo la cancellazione della percezione dell’acufene attraverso l’esposizione ad un suono esterno che ci faccia avvertire progressivamente meno il nostro acufene. E’ una terapia semplice e priva di effetti collaterali. Ottiene buoni risultati in circa l’80% dei casi.

Dr. Roberto Teggi - E-Mail: - teggi.roberto@outlook.it - P.IVA 08342010157 C.F. TGGRRT58L07F205O